martedì 26 febbraio 2008

Gran Roque


Lasciato puerto la cruz ci concediamo qualche giorno di riposo a tortuga che la prima volta ci aveva così ben impressionato.
Il posto mantiene le promesse e ci regala ancora giorni rilassati tra snorkeling sul reef, camminate su spiagge immacolate e allegri convivi.
Approfittiamo anche per ancorare una giornata a tortuguillos, due isolotti un pò più a ovest. Abbiamo così l'occasione di aiutare un pescatore che si era appena lacerato un dito su una roccia, medicato e inviato in ospedale a margarita (se la sarà cavata?!).
Infine si parte e via una galoppata di 17 ore per coprire le 100 miglia che ci separano da los roques,
E' questo un arcipelago caratterizzato da un'area centrale di circa 20 miglia per 5 con fondali bassissimi e praticamente neanche cartografata, non navigabile, attorno alla quale si stendono diversi isolotti molti dei quali deserti (nel senso che non c'è nessuno!) ognuno con il suo passaggio tra i reef, le sue spiagge con sabbia abbagliante, qualche palma, piccoli paradisi...
L'unica isola con un rilievo montuoso è la "capitale" gran roque, simpatico paesino con strade di sabbia formato da posade (frequentate soprattutto da italiani) e case di pescatori, ha addirittura l'aeroporto che collega los roques con caracas (quando non cade l'aereo!).
Sul lungomare dove si ancora c'è un raduno permanente di tutti i pellicani del mondo che si tuffano per pescare da soli o in pattuglia, uno spettacolo unico. Non potevamo naturalmente mancare la passeggiata in cima al vecchio faro per avere una splendida vista sull'intera isola.
Adesso andiamo a goderci le isole meno frequentate, troppa gente tutta insieme, non siamo più abituati!
See you in paradise...






giovedì 14 febbraio 2008

Gran Sabana















Puerto la cruz è una città movimentata, caotica, un po' stile cubano per certi aspetti, traffico congestionato con vecchie auto americane che sgomitano in mezzo a moderni fuoristrada; di giorno sicura praticamente ovunque, la sera piuttosto pericolosa; a tratti interessante, bella no.

Il clou della nostra permanenza in terraferma è sicuramente rappresentato dal piccolo viaggio che abbiamo fatto all'interno del venezuela.








Il programma era più o meno questo: pullman fino a ciudad de bolivar (300 km), pullman fino a guyana (100 km), noleggio auto e discesa lungo la gran sabana fino ad arrivare a sant'elena (650 km) ad un passo dal confine con il brasile!(dove non potevamo entrare non avendo il vaccino per la febbre gialla).








La gran sabana è un posto incredibile, l'unica strada che l'attraversa si snoda dritta a perdita d'occhio in un saliscendi che porta fino a 1400 metri tra pianura sconfinate interrotte da altopiani chiamati tepui dai quali si tuffano innumerevoli cascate, la più famosa (salto angel) è la più alta del mondo.








Si attraversano posti con nomi tipo el dorado (peraltro da evitare di notte) e san isidro conosciuto anche come km 88, callao con il carnevale paragonato a quello di trinidad e tanti altri ancora.








La terra è rossa come quella di un campo da tennis, la sensazione è quella di un'alternarsi di scenari australiani e africani (peraltro mai visti se non in tv).

A metà circa di questa strada abbiamo imboccato uno sterrato per arrivare a kavanayen, un villaggio 70 km all'interno, base per andare a vedere il salto aponwao con gli indios iboribò!

Il villaggio da solo meritava le 3 ore di fuoristrada, sperduto in mezzo alla vastità della sabana, circondato dai tepui stagliati all'orizzonte, 2 strade polverose e gente molto cordiale.

C'è anche la scuola alla quale affluiscono tantissimi bimbi provenienti (a piedi) non si sa da dove, non c'è nulla attorno per decine di km!

Freddo, ebbene si, a questa altitudine di notte fa freddo, rispolveriamo jeans e felpe dopo più di 3 mesi di costume e maglietta, che sensazione...

Vorremmo fermarci in questo posto più a lungo ma abbiamo dei tempi da rispettare per riconsegnare l'auto, così di nuovo in marcia, le cascate ci aspettano e, dove credevamo di trovare una piroga di legno per scendere il fiume troviamo invece una lancia a motore, la nostra guida è gentile e paziente e ci gustiamo lo spettacolo del salto aponwao dall'alto e da sotto.

Il giorno dopo abbiamo giusto il tempo di vedere un fiume che scorre su un greto rosso e il cui custode del relativo parco ci ha gentilmente raccomandato di non ammazzare i mosquitos, che si scatena la pioggia.

Il ritorno viene quindi accelerato e d'un balzo facciamo quasi 400 km, tornando di fatto al punto di partenza, di qui pullman e via...credevamo noi, in realtà il pullman aveva appena spaccato il parabrezza e doveva quindi mantenere una velocità di crociera sui 60 km/h! Il tempo per percorrere i più di 300 km fino al marina di puerto la cruz si dilatava esponenzialmente tanto più che l'autista, evidentemente non particolarmente preoccupato del ritardo che si andava accumulando, trovava il tempo per fermarsi ad una bancarella a cercare di scegliere un cocomero che gli aggradasse oppure faceva salire una venditrice di unguenti all'aloe per fare la sua esposizione, troppo forte!

Alla fine, esasperati, siamo scesi e abbiamo preso un taxi.

Adesso pensiamo a tornare in mare




martedì 12 febbraio 2008

Tortuga

La notte della navigazione da blanquilla a tortuga è stata testimone di una delle più combattute competizioni veliche della storia!

Partiti allo scoccare della mezzanotte con poco vento, nicolandra e kudra lentamente si lasciano portare verso sud-ovest con genoa e randa con una mano di terzaroli (dettata dalla prudenza), kudra, come sempre, apre la via e le sue luci brillano a ore 2 per alcune ore finchè, all'aumentare del vento, decidiamo di issare la mezzana; nicolandra ringrazia ed accelera, peter (il timone a vento) dà il meglio di sé e, piano piano, ci avviciniamo all'avversario ed infine passiamo a condurre la corsa tra lo stupore generale (di quelli che erano svegli)!A nulla vale per kudra togliere la mano alla randa, restiamo davanti e la meta si avvicina; allo spuntar dell'alba il colpo di scena: grazie ad un equipaggio numeroso e ben addestrato (fabio e camilla), kudra issa lo spi!

Con questa vela la distanza tra le due barche diminuisce inesorabilmente finchè, a poche miglia da punta delgada, avviene il sorpasso...kudra entra a tortuga da vincitrice ma la vecchia nicolandra si è battuta come un leone!

Alla fine tutti soddisfatti e si festeggia con un barracuda appena pescato.

Tortuga è da vedere, playa caldera, dove abbiamo dato ancora il primo giorno, è la più frequentata, sul lato sopravento della lunghissima spiaggia si apre una laguna creata da numerosi reef sulla quale si affacciano alcune baracche, un rancho minimale e l'aeroporto con la sua pista di sabbia compatta per gli aerei privati dei ricconi venezuelani.

Il giorno dopo si salpa e si va a dare fondo a cayo herradura.

Un semicerchio di sabbia bianca protetta dal reef con, da una parte il faro e la piccola comunità di pescatori, dall'altra la spiaggia che si prolunga con una linea semiaffiorante sulla quale si incontrano le onde esterne ed interne, uno spettacolo, un'immagine irreale; all'esterno, tra la spiaggia ed il reef, un acquario, il tutto a nostra disposizione

L'atmosfera, sotto il sole implacabile, è stata definita “bleached and baked”, la sabbia abbaglia e l'acqua brilla con le sue trasparenze...caraibi...

Qui volano i giorni, è il posto dove vorresti portare tutti quelli a cui vuoi bene per condividere la bellezza e la magia del luogo. Esagerato? Forse si, ma resta assolutamente un posto da vedere!

La partenza da questo piccolo paradiso è audace, dopo aver preventivamente scandagliato l'uscita, infatti, si parte di notte tra i reef!

Tutto bene e si procede tranquilli diretti verso la “civiltà”, verso la costa, verso puerto la cruz.


lunedì 11 febbraio 2008

Blanquilla

E'un isolotto disabitato presidiato da una postazione di guardacostas, fuori dalla rotta che collega testigos a margarita, completamente piatto e ricoperto di cactus e arbusti.

La notte, il mare ed il vento in poppa piena ci impediscono di seguire la rotta diretta e, tra una strambata e l'altra, ci perdiamo di vista con Kudra, la velocità di Nicolandra è buona e, complice anche la corrente favorevole, arriviamo in prossimità dell'atterraggio prima del previsto.

La luna davanti a noi tramonta mentre alle nostre spalle la luce dell'alba è ancora lontana quando scorgiamo nel buio 3 sagome nere, sono gli hermanos, grossi scogli che si ergono a sud-est di blanquilla formando un canale il cui fondale sale rapidamente e può quindi alzare un'onda pericolosa, considerando anche il fatto che l'isola resta invisibile.

L'alternativa al canale è aggirare l'isola da nord o fare un bordo per passare a sud degli scogli, l'ostacolo si avvicina, la luce non arriva e bisogna prendere una decisione, con il vhf sentiamo dov'è kudra e ci comunicano che stanno già percorrendo il canale e che l'onda è più che maneggevole, la decisione è quindi presa: ci infiliamo anche noi tra gli scogli e l'isola che ancora non si vede!

Poco dopo sorge il sole alle spalle degli hermanos, l'isola è ora una striscia grigia bassa sulle onde, finalmente possiamo stringere ed entrare in baia falucho dove troviamo kudra all'ancora, diamo fondo e, nella grigia mattina, andiamo a dormire.

L'incontro con i guardacostas è cordiale e simpatico, ci raccomandano però di non spostare le barche perchè dovranno venire a bordo per fare un'ispezione; si risolverà con 4 chiacchere, 2 fogli pieni di domande da compilare ed 1 pacchetto di sigarette in regalo agli “ ispettori".

La spiaggia yaque, davanti alla quale ancoriamo il giorno seguente, è splendida, il vento nei due giorni successivi resta teso ma la baia è ben protetta, si fa conoscenza con le altre poche barche presenti, si gira in spiaggia, si pesca alla traina col gommone e si fa un po' di baby-sitter.

Decidiamo di fare anche una camminata all'interno lungo i sentieri battuti dagli asini selvatici, i cactus abbondano e fanno la prima vittima!

Cosa ci resta di blanquilla (a parte le spine!)? L'impronta di un'isola fuori dalle rotte e dal tempo, aspra nella sua vegetazione, battuta dal vento ma accogliente e bellissima nella sue spiagge, con le sue rocce selvagge levigate dall'acqua a sottolineare, ancora una volta, la forza del mare.

domenica 3 febbraio 2008

Los Testigos

Una volta ancorati davanti al villaggio, dopo un'attenta valutazione della situazione (=colazione per tutti) si decide di mandare a terra i due capitani per un primo contatto con i militari e la popolazione locale. Il villaggio consiste in poche case fatte di legni e lamiere sedute sulla spiaggia, decisamente sonnolento, qualche cane che corre lungo il bagnasciuga, la "capitaneria" è una bella costruzione di legno in cima al rilievo; il guardacosta che ci accoglie è tanto giovane quanto disponibile tanto che ci consente una sosta di 4 giorni invece delle 48 ore previste.
Anche l'irruzione di un militare a torso nudo con machete in mano (cercava affannosamente il cellulare!) non cambia l'impressione molto positiva che abbiamo avuto da subito.
Al ritorno in barca il motore fuoribordo non ne vuole sapere di ripartire e ci ritroviamo a dover remare controvento ma soprattutto controcorrente come dei furiosi, durissima. Credo che il villaggio si sia fatto grasse risate, mentre dalle nostre barche se ne fregavano allegramente impegnati com'erano a ristorarsi dopo la navigazione!

La differenza che colpisce enormemente rispetto alle grenadine e le altre isole sopravento è il fatto che qui la gente non sta aspettando il tuo arrivo per guadagnare qualche soldo vendendoti qualcosa, non vieni visto come fonte di lavoro e guadagno ma semplicemente come uno che passa di qui, con il quale, ad esempio, barattare il pesce con una lattina di coca o un pò di riso (ma proprio perchè siamo andati noi dai pescatori a chiedere), tutto un altro rapporto!
L'isola è piccola, con 2 baie nel lato sottovento, un reef che la unisce a testigo pequeno a nord, un lato sopravento spettacolare con dune di sabbia bianchissima.
Il primo ancoraggio lo effettuiamo a balandra bay con cime a terra in un angolo che può essere scambiato per mediterraneo; curiosamente l'acqua è verde (ma verde!) perchè risente dell'influenza dell'orinoco.

Il posto è magico e stiamo benissimo, la gita sul lato sopravento, in questa spiaggia di deserto bianco esposta al vento e al mare e dalla quale facciamo il bagno nei cavalloni dell'oceano è memorabile, da vedere per credere! A proposito, nessuno!!!












Un'altra girata che vale la pena fare è la "camminata" fino al faro che domina l'isola, un arrampicarsi tra sassi, cactus e arbusti lungo un sentiero segnalato (e meno male!) da frecce bianche. L'arrivo in cima con free climbing finale per raggiungere il suddetto faro ti proietta su una assai ventosa postazione dalla quale ammirare tutta l'isola e l'orizzonte a 360 gradi...














Dopo un paio di giorni ci spostiamo nella baia a nord e abbiamo così la possibilità di gustare playa real, sulla quale si erge una capanna circondata da palme che fa venire voglia di impiantarci un bar! (raffa apportatore di capitale, ciuffo alla gestione, franco direttore artistico, andrew al pianoforte, giovannetto al dive center, franz niente perchè lui va in barca).

Trascorsi i 4 giorni salpiamo l'ancora e nel tardo pomeriggio mettiamo la prua a 300° direzione blanquilla, l'avventura continua...