L'arcipelago di los roques mantiene le promesse.
L'arrivo, dopo la navigazione da tortuga, avviene in realtà in una grigia mattina che presenta d'un tratto una lunghissima e sottile striscia scura di “terraferma” che teniamo sopravento per andare ad atterrare a
dos mosquisis, la prima isola occidentale.
L'ingresso viene fatto con un allineamento di 60°magnetici su un gruppo di 3 palme che si ergono alte sulla spiaggia, si entra così in una distesa di bassofondali punteggiati da teste di corallo, contando sul fatto di essere nel corridoio giusto grazie all'allineamento preciso (!).
L'ancoraggio è piuttosto esposto ma sappiamo che sarà così un po' dappertutto, il vento fa parte di questo paesaggio, è l'aliseo che senza incontrare ostacoli, non ci sono assolutamente rilievi, pompa i suoi 15-20 nodi da est-nord-est giorno e notte, aggiungendo la sua voce al rombo incessante del mare che frange sul reef.
E'mezzogiorno, il sole splende e accende il paesaggio, l'atmosfera è come sempre tersa e sulla spiaggia il bianco della sabbia viene esaltato dalla trasparenza dell'acqua che esibisce tutte le sfumature dell'azzurro al variare della profondità: abbagliante! Sull' isolotto di dos mosquisis visitiamo un centro di ripopolamento delle tartarughe, una serie di vasche in cui vengono raccolti i piccoli appena nati per evitare la strage che avviene normalmente dopo la schiusa, raggiunto l'anno di età verranno rimessi in mare numerosi e contenti,
Dietro alla capanna delle tartarughe abbiamo l'occasione di vedere, per la prima volta, un albero con veri e propri grappoli d'uva, è l'uva da spiaggia! E mentre noi ci diamo alla botanica la piccola greta ne approfitta per farsi una bella camminata coadiuvata dalle due “madri”, tutti soddisfatti si torna, infine, alle barche.
Cayo de aqua è il nostro secondo pit-stop, questa prima settimana infatti dobbiamo fare “le corse”per portare fabio a gran roque in tempo per l'aereo, così dedichiamo una giornata ad ogni isola come i veri forzati delle vacanze!
Il posto è abbastanza protetto e raccolto, un manipolo di coraggiosi decide di tentare uno sbarco per scollinare la lingua di terra e andare a fare snorkeling sopravento; nell'entusiasmo, però, lasciamo a bordo gli inseparabili crocs e questo si dimostrerà fatale... la salitella di sabbia si rivelerà infatti minata da mille piccoli pallini di spine che hanno la meglio sui nostri piedi, pur discretamente “suolati” da mesi di vita scalzi.
Si ricorre a qualunque espediente pur di uscirne e le pinne si dimostrano la scelta migliore.
Dopo la navigazione (5 miglia!), il bagno, la camminata, cenone e post-cena i nostri eroi possono finalmente godersi il meritato riposo, domani è un altro giorno.
Neanche a farlo apposta il giorno seguente si apre con una mattina di groppi “fast and furious”, ci ritroviamo a destreggiarci tra i reef per guadagnare l'uscita nella pausa tra un rovescio e l'altro, facciamo appena in tempo e una volta fuori si scatena l'inferno!(vabbè, ammetto, la sto un po' esagerando). Comunque ci prendiamo una bella lavata, finalmente si dissala la barca, con vento e mare contro. Lo sforzo viene premiato con l'arrivo a carenero, ormeggio tra due isolotti ben riparato su gavitello, la nostra àncora non ci crede di poter stare per una volta a riposo, saremo mica in croazia?!
Ma la visione della chilometrica spiaggia bianca con mangrovie che si estende sottovento circondata da acqua cristallina altezza 30 cm e reef ci conferma che siamo ancora nel caribe,
non ci resta che prepararci per affrontare un'altra dura giornata...